Torino Cronaca
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9STAMPA SERA
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Sabato 17 Settembre 1983
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L' impresa del
pittore torinese Geninetti a San Colombano di Exilles
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Ha
affrescato una chiesa in 37 giorni per fare un regalo ai vecchi montanari
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A volte ci si imbatte in libri dalle dimensioni modeste, ma chi nescorre le pagine scopre in essi monumenti di cultura, epiche cavalcate attraverso vicende secolari, dalle quali un passato misterioso si ricompone in un mosaico di Storia e di leggende. di sofferenze e di superstizioni. Sono in genere volumetti che la grande editoria ignora , ma sui quali da sempre si ispirano scrittori di grido, traggono documentazioni preziose storici affermati. In questi giorni è comparso fresco di stampa e viene presentato alla getne della Valle di Susa un libro strano. E' tutto dedicato a un piccolo sobborgo alpino abitato da 27 persone. Si intitola "San Colombano di Exilles" e porta come sottoindicazione "Il borgo, la chiesa, la gente". Si potrebbe definire un'impresa folle di chi si è accollato le spese per la stampa e l'accurata documentazione fotografica. In realtà è un atto d'omaggio a un minuscolo angolo di Piemonte sul quale la Storia è passata, si è fermata e ha lasciato un'impronta. Ma questo libro, con tutte le preziosità racchiuse nella sua accurata e accattivante veste tipografica, coinvolge tra realtà del passato e tradizioni di fantasie un personaggio dei giorni nostri. E' nato per lui, l' "estraneo" che si è innamorato di questa terra apparentemente ingrata, aspra. Ha saputo diventare amico dei pochi rimasti, vincerne l'atavica diffidenza e trasformarsi con il tempo in fratello, figlio, padre, consigliere, rianimatore.
vuole incontrarlo a San Colombano, dove trascorre occupatissimo ogni secondo delsuo tempo libero, non deve chiedere di Serafino Geninetti. La gente strabuzza gli occhi e scuote la testa. Ma se si chiede di Sergi, o anche semplicemente del "pittore", tutti sono pronti a indicare la mulattiera sulla quale l'hanno visto incamminarsi con la cassetta dei colori a tracolla. Oppure sanno che sta vangando l'orto di un'anziana vedova o falcaindo rovi lungo il sentiero sul quale doemnica dovrà passare una scolaresca che lui si porta da Torino "per far conoscere ai ragazzini come si viveva e come si vive in montagna". "Da quando, tanti anni fa, forse trenta è arrivato qui - dice un anziano seduto su un gradino di pietra scaldato dal sole settembrino - ne vediamo di belle. Una ne pensa e cento ne combina. Ma se non ci fosse lui nemmeno giù a valle si ricorderebbero che esiste San Colombano". L'uomo guarda le nubi che si addensano sul Colle d'Ambin, tende il bastone e riprende: "La vede la nostra chiesa là in fondo? Era un rudere come noi pochi superstiti. Guardi quanto è bella adesso. Ma è niente. Si deve ammirare dentro. Ci sono anch'io, mi ha dipinto sul muro del coro mentre canto con Natalino che adesso non c'è più, con le due Secondine, la Joannas e la Chiamberlando, con Celestino, Ettore e tutti gli altri vecchi della borgata. Nella chiesa ci ha messi, con Nostro Signore, la Madonna e gli angeli. Quando nel cimitero on ci sarà più nemmeno la mia lapide io continuerò ad essere là con i miei amici." L'uomo è felice. "Pensi che anche il vescovo - continua con uan punta di emozione - quando è venuto per vedere che cosa aveva combinato il Sergi nella sua chiesetta mi ha preso sottobraccio e mi ha detto. |
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Ci siete anche voi a cantare in eterno le lodi del Signore". "Che diavolaccio sto pittore". Nelle parole di questo anziano c'è tutta la vicenda che lega Serafino Geninetti alle montagne e a una fatica da gigante compiuta a tempo di record per restituire l'antico tempio al borgo. Rose da un abbandono ormai cronico, le mura della chiesa si stavano sfaldando, l'intonaco si ammucchiava ogni giorno sul pavimento gonfiato dall'umidità. Le primitive decorazioni e i dipinti erano ridotti a nuvole informi di colore. Geninetti lo scorso anno piomba in curia a Susa, si fa dare le chiavi della chiesa, luogo nel quale non ha mai portato troppo i piedi ("ma io sono credente", afferma) e in 37 giorni e altrettanti notti di lavoro, aiutato da amici e da tutte le braccia valide del borgo, consolida le strutture, intonaca muri, ripristina porte e infissi, restaura banchi e suppellettili. Poi incomincia con colori e pennelli. Ne esce un capolavoro, tutta la chiesa viene decorata da fregi e affreschi. La burocrazia strepita per lo scempio, per la profanazione di un monumento soggetto a vincoli, restaurato senza autorizzazione: un permesso chiesto ma mai dato. D'altra parte senza l'opera gratuita di questo artista geniale e anche audace, un eventuale "nulla osta" ai lavori sarebbe servito a ben poco, data la mancanza totale di fondi. Geninetti aveva promesso di riconsegnare le chiavi a lavori ultimati, fissando anche la data: 17 agosto 1982. fu puntuale. Ad un anno di distanza in molti hanno voluto dedicare a lui e a San Colombano un libro formato dalla documentazione fotografica delle sue opere, da visioni panoramiche della borgata circondata dai monti, da scritti di Luigino Bernard, Sergio Crosetto, Carlo Moriondo e tanti altri. Ma Geninetti è un vulcano di idee. Per San Colombano ha in serbo una serie di sorprese e di iniziative e c'è da scommettere che le realizzerà tutte. Nel suo studio di corso Vinzaglio a Torino in questi giorni sta preparando le sue ultime tele soffuse da una luce tenue, da colori delicati, ritratti di personaggi e di cose care, umili e semplici, come il suo carattere. Presto saranno in una mostra. Lavora quando può perchè continua ad accogliere amici vecchi e nuovi, gruppi di scolari che vogliono imparare a costruire pupazzi di gesso o di cartapesta, come li realizza lui per i Carnevali di Torino. Poi salgon la rampa di scale che porta allo studio allievi dell'Accademia, impiegati, operai, commercianti. Tutta gente appassionata d'arte che vuole carpire i segreti di una pittura vera che a volte trasforma quadri in specchi o finestre aperte su un angolo di cortile, uno scorcio di panorama. Un toco moderno e reale nello stesso tempo, rispondente a tutti i canoni dell' Estetica. Dai volti dei contadini ("tutti amici miei di San colombano", sottolinea) traspaiono le fatiche e le gioie, le sofferenze e le speranze sulle quali si sono si sono scavate rughe, incallite mani, allevate nuove generazioni. Ma gli occhi di tutti i personaggi hanno gli stessi riflessi dei suoi. Perchè quando Sergi ti guarda scuotendo i resti di una capigliatura incolta da antico profeta o da "viveur" di corte, lascia un messaggio di amicizia. E' lo stesso sguardo con il quale ha vinto secolari diffidenze montanare ("sono diventato uno di loro") e gli ha permesso di conquistare la fiducia di un vescovo che gli ha affidato le chiavi dellachiesa. In essa Geninetti ha compiuto un'opera che molti artisti gli invidiano, che può piacere o meno ai critici. "Qualcosa dentro di me ha suggerito che dovevo farlo. L'ho fatto e ne sono felice. Se sarà necessario lo farò anche altrove se qualcuno me lo chiede. Ci sono troppi valori antichi che stanno andando in rovina per incuria e troppa burocrazia", dice salutando. Oggi è molto difficile incontrare un uomo e sentirlo amico con una stretta di mano. Vito Brusa
Il libro "San Colombano di Exilles" è in vendita al prezzo di L. 6000 presso la Libreria Moderna, Galleria Tirrena, a Torino, e Cartolibreria Chiamberlando di Exilles. |
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